
Il dibattito sulle origini medievali di Isola del Liri è incentrato sul problema dell'esatta ubicazione della cella di San Benedetto in Colle d'Isola, testimoniata a partire dall'aprile 989. La localizzazione di questo complesso sacro rimane attualmente incerto, si pensa che esso fosse comunque situato a confine con Sora in territorio di Isola, il quale per secoli fu parte integrante del territorio di Arpino. Si ritiene anzi che sia possibile giungere ad una sua localizzazione "più vicina al vero", se si tiene conto delle determinazioni topografiche date dai documenti. In questi risulta che la cella di San Benedetto sorgeva nei pressi della località Bagnara, dove si estendevano le sue terre, e vicino ad un fiume. Simili condizioni topografiche, si riscontrerebbero presso l'abbazia di San Domenico. Pertanto il Colle d'Isola, a suo parere non poteva essere che l'odierno Colle S. Sebastiano.Per la cella di San Benedetto, rileviamo che in tutti i documenti che le si riferiscono invariabilmente si dice che essa sorgeva in actu Arpini, cioè in territorio di Arpino. A questo proposito si sottolinea che Isola del Liri ha fatto parte per secoli del tenimerito di Arpino. Questo non ci risulta, ma anche ammettendo che sia vero, osserviamo che in un atto di donazione dei 1043 nel testo, sicuramente riferibile ad Isola del Liri, si legge: " sunt duo ecclesie nostre quas nos habemus infinibus eiusdem Sora infra actum sunt ambe de ipsa Isola una ecclesia Nomine Sanaus Petrus Apostolus qui est in locum qui dicitur ad Funtana Tegulicci et alia ecclesia Nomine Sancta Lucia Virgo qui esse videtur ad ipso ponte civitatis Isole". Da queste parole risulta inequivocabilmente che nel 1043 Isola del Liri era nei confini di Sora (in finibus eiusdem Sora infra actum), mentre nello stesso periodo la cella di San Benedetto di Colle d'Isola continua ad essere citata nel territorio di Arpino(in actu Arpini). A parte questo, l'indicazione del Colle di San Sebastiano sarebbe comunque inaccettabile. Su questo colle storicamente è documentata la chiesa omonima ed inoltre la cella di San Benedetto esisteva ancora nel 1474, quando è già testimoniata la chiesa di San Sebastiano . Ma c'è di più: nel Privilegio di Innocenzo 111 de libertate Sancti Dominici de Sora del 1205, è compreso un lungo elenco di pertinenze e possessi di questa Abbazia. Tenuto conto che la località Sammucito si trova nei pressi di Isola" e che la località Forli (Foruli) si estende sulle pendici nord occidentali del Colle di San Sebastiano`, ne deriva che l'antico nome di quest'altura non era Colle "de Insula", ma mons Foruli.Risolti preliminarmente gli equivoci sopra esposti, cercheremo ora di avanzare una nostra ipotesi sulla localizzazione della cella di S. Benedetto, in base al seguenti dati:
Appare probabile, quindi, che la cella in Colle de Insula fosse situata appunto in località Venditti, in Comune di Arpino. In conclusione, il primo documento valido riguardante Isola Liri è proprio l'atto di donazione del 1043 (già citato) all'Abbazia di San Domenico di due chiese. Isola vi figura civitas, come Arpino e Sora; si menzionano le sue chiese di San Pietro Apostolo e di Santa Lucia Vergine e si ricorda un ponte, con il quale si accedeva al centro abitato. Questo era denominato "Isola", non ancora Insula Filiorum Petti. Risulta chiaramente che, se Isola aveva già allora una sua struttura definita (ponte, chiese) ed una qualificazione di un certo livello (civitas), doveva perlomeno esistere da diversi decenni e non si può sbagliare di molto ipotizzandone la fondazione nel secondo cinquantennio del secolo decimo.Nel 970 Ildebrando, figlio del fu Rachisio, castaldo della città di Sora, assunse il titolo di conte di Sora e di Vicalvi ed è probabile che sin da quest'epoca Isola facesse parte di questa contea. Ricordiamo che i castaldi, dignitari longobardi, erano amministratori regi con ampi poteri civili e militari.Nel 989 a Ildebrando successe Teutone, figlio di suo fratello Alessandro; quindi nel 1009, per breve tempo, suo figlio Pietro, Castaldo di Sora, e successivamente, Raineri (1012-1021), anche lui figlio di Alessandro. Raineri, gastaldus Soranae civitatis, nel 1012.,donò all'Abbazia di Montecassino la località Collis de Insula, che faceva parte delle sue eredità nei confini di Arpino. Come successore di Raineri, è ricordato il figlio Pietro Il, che fu signore di Sora e di Arpino e la cui sposa Donna Doda era la figlia del defunto conte Oderisio, che sappiamo feudatario di Vicalvi nel periodo 1000/1077. A Pietro si deve la famosa donazione che rese possibile la fondazione da parte di San Domenico da Foligno del monastero in località "inter formas" nei confini di Sora. Dalla morte di Pietro II, per alcuni decenni, si prolunga il periodo più incerto della storia di Isola, riguardo la quale possiamo solo avanzare ipotesi in buona parte discutibili In documenti medievali, possiamo seguire le vicende di un Castellum Santi Laurenti, nel quale sarebbe ovvia la tentazione di identificare il castel1o di Isola del Liri.Nell'ultimo ventennio dell'XI sec. fu conte di Sora Gerardo, sino a quando la zona fu invasa dai Normanni e la città fu da loro occupata. Nel 1099 i figli di Gerardo più con l'inganno che con la forza" riuscirono a recuperarla, ma i contrasti fra feudatari continuarono mentre i Normanni consolidavano il loro potere in Italia Meridionale; la stessa Sora con il suo circondario di nuovo cadde sotto i Normanni e il 15 agosto 1103 fu incendiata da Ruggiero I duca di Puglia. Dopo questo tragico evento, in Sora divenne sempre più importante la presenza e l'autorità del Vescovo. Ne abbiamo una prova evidente nel Diploma del Papa Pasquale Il del 9 febbraio, con il quale si confermano i confini della diocesi sorana e si precisano le proprietà del Vescovado. Fra queste leggiamo: "castellum Insula cum omnibus pertinentits suis, ecclesiam Sancti Laurentii et ecclesiam Sancti Pauli in campo" Qui dovremmo veramente trovarci di fronte alla prima attestazione del castello di Isola del Liri e delloriginaria chiesa isolana di San Lorenzo, pur essendo un elemento di dubbio la successiva menzione della chiesa di San Paolo in Campo, situata più a sud ovest, come abbiamo detto in comune di Castelliri, in località San Paolo, proprio nei pressi del già citato Castello San Lorenzo e della chiesa di San Marco.Certamente, può destare sorpresa che il castello di Isola qui compaia per la prima volta collegato iure proprietario con il vescovo di Sora; altra osservazione da fare è che, essendo il Diploma un atto di conferma, possiamo arguire che il castello sia stato costruito perlomeno nel secondo cinquantennio del secolo XI. A questo proposito e in connessione con il generale fenomeno dell'incastellamento nella Media Valle del Liri, non dobbiamo dimenticare che un nuovo impulso all'erezione di fortificazioni fu dato proprio dal pericolo che i Normanni rappresentavano. Basta ricordare quanto scriveva Leone Ostiense, riferendosi all'Abate di Montecassino Richerio, il quale nel 1045 "suspectam habens Normannorum nequitiam singula monasterii castella muris in giro munivit, ibique rusticos qui hactenus in villis habitaverant manere constituit. Durante il periodo delle lotte con i Normanni, dunque, la civitas di Isola sarebbe divenuta anche un castrum. Forse, nello stesso periodo, anche l'Abbazia di San Domenico si munì di una torre difensiva, mentre nel 1075 le era stato donato da Landone il castellum di Sclavi (Fontechiari)". Nel 1137 Sora appare tra le città che l'imperatore Lotario III riconosce all'Abbazia di Montecassino, ma si tratta probabilmente di un riconoscimento puramente simbolico. Nel 1140 Ruggiero Il occupò Sora, riaffermando il potere normanno nella città. Infine, nel 1156, Simone, prefetto di Sora, fu ucciso durante una sommossa, ma il re di Sicilia Guglielmo detto il Malo, affidò la rappresaglia al figlio del morto, anche lui chiamato Simone, il quale, dopo aver ottenuto il suo scopo, cercò di risollevare le condizioni della città". In un documento del 1169, risultano presenti per la costituzione di un beneficio da parte del Conte Roberto di Caserta a favore di Gerardo de Insula , oltre a due giudici, uno dei quali di Arpino, quelli che probabilmente in quel periodo erano i più potenti feudatari della zona, definiti nell'atto milites, cioè facenti parte del ceto dei nobili. Sono nominati Jurello de Loco, Giovanni di Goffredo, Paolino Romaldo detto il Nero, Atenulfo di Burello, Sichinulfo di Beraldo, Paolo de Atenulfo", ma non vi sono indicazioni che ci permettano di dire qualcosa sulle loro reali attribuzioni. Nel privilegio del 1169 del Conte di Caserta (vedi sopra) è ricordato un fedele del conte. Gerardo de Insula. al quale, evidentemente i suoi meriti, sono concessi, tra l'altro, il castrum di Montenero e la chiesa di Sant'Altissimo, benefici questi riferibili al territorio di Arpino. Tuttavia, il primo personaggio della Famiglia a noi noto è Petrus de Insula, monaco benedettino, che nel 1174 fu eletto Abate di Montccassino, con il nome di Pietro Il. Egli riuscì ad ottenere sia dal Papi che dall'imperatore Enrico VI molti privilegi a favore dell'Abbazia. Al 1187 si data probabilmente il Catalogo dei Baroni che dovevano contribuire, sotto il re normanno Guglielmo Il il Buono, alla spedizione in Terra Santi`. Vi risulta che Roffredo dell'Isola e suo nipote mettevano a disposizione per Isola e Castelluccio 4 milites e dieci servientes. Ricordiamo che i milites appartenevano al ceto nobiliare allora in formazione. Nel 1188, intanto, dopo due anni di sede vacante, divenne abate dell'Abbazia di Montecassino lo stesso Roffredo dellIsola che dimostrò negli anni successivi singolari doti di uomo politico e di guerriero. Non vi è alcun dubbio circa l'identità fra il Roffredo feudatario di Isola e il Roffredo Abate di Montecassino. Infatti, Riccardo di Sangermano, per il 1191, parlando di due personaggi beneficati da Roffredo, tra l'altro così scriveva:"Rofflidus .. Roccam Bantrae ad opus retinuit Monastetii Casinensis, ponens in ea custodem quendam militem Petrum de Aymon consobri num suu". Come si vede, ritorna anche in questo caso, per lo stesso periodo, un Rofflidus, che è qui precisamente ricordato come l'abate di Montecassino, e il nipote, il cui nome era Pietro de Aymon Quando Guglielmo II il Buono. (1166-1189) morì, Enrico VI, figlio dell'imperatore Federico Barbarossa, avendo sposato Costanza d'Altavilla, divenne il pretendente alla corona di Sicilia, ma si trovò contro Tancredi, figlio naturale di Ruggiero. In questa difficile situazione, Roffredo fu uno dei Baroni che giurarono fedeltà ad Enrico VI. Costui, intanto, alla testa di un numeroso esercito, nel 1191 dalla Germania scese in Italia, occupando un vasto territorio e lasciando poi Corrado di Marlenheim come comandante di Rocca Sorella e Diopoldo come comandante di Rocca d'Arce. Enrico VI, nel partire, condusse con se Roffredo dell'Isola, al quale confermò il Privilegio dellimperatore Lotario III e inoltre una Contea comprendente Arce. Castrocielo, Castroforolo (oggi Santopadre) e Pico". Non appena, però, lImperatore si allontanò, ricominciò la lotta fra i partigiani e quelli di Tancredi, sino a quando Enrico VI mandò Germania un forte esercito, guidato dallo stesso Roffredo dell'Isola e;dal conte Bertoldo, che combattè con alterna fortuna nel Lazio. Sopraggiungeva intanto la morte di Tancredi ed Enrico VI approfittò per scendere nuovamente in Italia con un altro impadronendosi della Terra di Lavoro. Egli stesso, riconoscendo meriti di Roffredo, gli donò Atina e Roccaguglielma Per quanto riguarda Roffredo, ricordiamo che egli fu anche nominato da Innocenzo III suo Legato in Sicilia. E lo stesso Papa, soddisfatto della sua opera, gli concesse la Prepositura di Atina, Roffredo morì un anno dopo, nel 1209. Ad interpretare gli avvenimenti riguardanti Isola sinora descritti, dobbiamo ritenere che Roffredo, preso da incarichi sempre più importanti e poi divenuto Abate di Montecassino,, abbia inizialmente delegato al nipote il governo di Isola, spostando poi gradualmente i suoi principali interessi nel territorio gravitante intorno all'Abbazia, ma sempre pronto ad intervenire nella Media Valle del Liri in casi difficili, come quello rappresentato dalle arbitrarie occupazioni di Corrado di Marlenheim. Roffredo, comunque, rivela in questi frangenti, con le sue qualità di guerriero, le sue origini di castellano feudale. Ad un periodo che va dalla fine del XII secolo agli inizi del XIII, nella zona intorno all'Abbazia di San Domenico doveva già essere in funzione una fabbrica di pannilana, a giudicare dal fatto che il monastero era tenuto a pagare un censo di cento braccia di panno nella festività di Pasqua e Natale. Anzi si può ragionevolmente supporre che questa attività fosse esercitata dagli stessi monaci. Federico Il, dopo aver ricevuto la corona imperiale nel 1220, iniziò ben presto una politica di riaffermazione della sua autorità, contro il Papato. Uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di privare Riccardo della Contea di Sora (comprendente, come abbiamo visto, anche Isola e Castelluccio). Seguì un periodo turbinoso di lotte. Diversi centri inizialmente si opposero all'Imperatore, ma fra questi soltanto Sora continuava a resistere. La città fu allora assediata e, presa con la forza, fu data alle fiamme, con grande strage degli abitanti e dei soldati del Papa che vi si trovavano. Anche il Ponte Marmone durante questi avvenimenti bellici fu distrutto. Ritornando ad Aquino, Federico II passò per la via di Isola. Nella stessa Isola e Castelluccio, occupate per ordine dellImperatore da Stefano de Anglone, "Giustiziere" della Terra di Lavoro, furono poste delle guarnigioni.Sembra poi, secondo quanto asserito da Riccardo di Sangermano che anche l'Isola di Sora e Isola Solarata siano state date alle fiamme, ma indubbiamente, anche se questo è vero, con danni molto ridotti ad Isola del Liri in confronto a quelli subiti da Sora. Nello stesso anno, quando appena "si era dato riparo a' danni sofferti", papa Gregorio IX dette ordine che Pandolfo, ciambellano di Tommaso Conte de' Marsi, muovesse con il suo esercito contro il Regno di Napoli, per riconquistare le terre tolte alla Santa Sede. Pandolfo allora puntò verso Isola tolse di mano agli Imperiali, ma non appena terminarono le ostilità questi tornarono nella cittadina. Nel 1250 morì Federico e, come è noto, nel suo testamento disposizioni, per la ricostruzione di Sora. Alla sua morte, il papa Innocenzo III pretendeva che il Regno di Sicilia fosse devoluto allo Stato della Chiesa e si riaccesero allora le ostilità contro Corrado IV e Manfredi. Quest'ultimo, nel settembre del 1251, marciò contro i Conti di Aquino e di Sora, debellando i suoi avversari. Dopo la morte di Corrado, fu necessario un nuovo intervento di Manfredi, che sottomise gran parte di Terra di Lavoro, ad eccezione di Sora e di Arce. In questi anni turbinosi che seguono la metà del secolo, possiamo inquadrare cronologicamente una citazione riportata in un atto di vendita del 1273. Vi compare una Cecilia, figlia del defunto domni Henrici de insula filiorum petri. Ci troviamo di fronte, probabilmente, ad un altro feudatario di isola, riguardo alla cui famiglia nulla sappiamo. Dopo la discesa in Italia di Carlo I d'Angiò, con la definitiva sconfitta di Manfredi e la sua morte in battaglia, il vincitore nel 1269 si accinse ad un'opera di riorganizzazione dei castra (castelli) della zona. Ci rimane di questo programma un documento del 28 novembre 1269, conservato nell'Archivio di Stato di Napoli, che riveste una notevole importanza per Isola del Liri. Dal citato documento risulta che Carlo I d'Angiò, avendo definito il numero dei castellani militi, scutiferi e con tergi e degli inservienti da tenersi in ciascun castello e avendo inoltre stabilito l'ammontare degli stipendi da pagarsi ad ognuno di loro in quattro rate, dà istruzioni ai "Secreti" del Principato, della Terra di Lavoro e dell'Abruzzo per il pagamento della rata di settembre, ottobre e novembre. Dà inoltre disposizioni per il pagamento degli stipendi dei cappellani dei castelli che non avevano proventi e per le riparazioni necessarie negli stessi castelli. Nel documento si legge che in Insula Filipetri vi era allora un Con tergius, al quale veniva attribuito uno stipendio annuale di 14 once d'oro e di 18 tarì e per la quarta parte dell'anno once tre, tarì 19 e grana 10. In particolare, si rileva che ai castellani militi spettavano ogni giorno 2 tarì d'oro; ogni cappellano con un chierico riceveva 16 grana d'oro al giorno ed ogni inserviente 8 grana. Come si vede, vi erano fra i castellani diversi livelli di stipendio, sicuramente corrispondenti all'im portanza che si attribuiva ai castra loro affidati. Precisiamo che in Castro Pescli Falconarie (ad Arpino) e in Castro Sorelle (a Sora) vi era un Castella nus miles, in Castro Civite Veteris (sempre in Arpino), in Castro Rontane, in Castro Rocce de Archis, in Castro Ianule un castenano scutifer; infine, in Insula Filipetri, in Castro Lupici e in Castro Celi un contergius. E' evidente, per le distinzioni sopra indicate, che Isola del Liri doveva avere in quell'epoca un sistema di fortificazioni ancora piutto sto modesto e che solo in seguito essa fu difesa da un castello più artico lato e difficilmente espugnabile. "E' interessante anche notare che alcuni dei castra citati nel documento avevano necessità dì restauri, ciò che presuppone un loro impianto più antico o danni subiti nelle lotte dei decenni precedenti. Tali restauri dovevano essere realizzati per mezzo degli uomini delle Terre e delle località, qui ad ... reparacionem tenentur. Da altra fonte, sappiamo che nello stesso 1269 vi erano in Napoli Roffredo Isola e Giovanni Aymone, possessori della Terra dell'Isola, i quali avevano ceduto i loro diritti, con l'approvazione di Carlo 1, a Robert de Brienson uno dei tanti feudatari francesi a cui il re aveva affidato il governo dei locali castelli, ritenendoli a lui fedeli e per ricompensarli di quanto avevano fatto a suo vantaggio. Da ciò si rileva:
1) che alla famiglia "de Isola" erano stati già in precedenza nuovamente riconosciuti i diritti su Isola dei Liri, a noi noti documentariamente sin dal 1187;
2) che la cessione (probabilmente forzosa) di tali diritti rientrava in un più vasto programma di Carlo 1 d'Angiò, rivolto a mettere nei posti di comando feudatari francesi a lui fedeli. Sembra però strano (ed è forse una ripetizione della notizia del 1187) il binomio di Roffredo e del nipote, anche se è indubitabile il passaggio dei poteri dalla Famiglia "de Isola-Aymone" ad un feudatario francese.
La cessione di cui abbiamo parlato fu certamente temporanea o parziale, perché nel 1276 Bartolomeo Isola, figlio di Roffredo, appare come possessore della terza parte di questa Terra. Tre anni dopo, nel 1279, risulta che Federico Isola aveva vassalli a lui sottoposti sia in Isola che a Castelluccio. Infine, nel 13 10, il re Roberto d'Angiò, successore di Carlo Il, con un suo diploma, rimetteva al suo Vicario le rimostranze di un Roffredo di Isola di Napoli, contro alcuni turbantes ì suoi diritti sui castelli di Insula filiorum Petri e di Castelluccio. Da notare che nelle Rationes Decimarum del 1308- 1310, per la diocesi . di Aquino e per il castrum Insule (Insula Solafata) sono citati l'abate Giovanni, figlio del Signore Roffredo de Insula e l'abate Matteo de Insula. Roffredo dovrebbe essere il già citato Signore di Isola del Liri e di Castelluccio, ma si sottolinea comunque di nuovo la possibilità di confusione fra le diverse Isole. Sembra essere questo il momento di maggiore potenza della Famiglia de Insulala cui graduale affermazione ebbe certamente come base li l'opera meritoria degli Abati di Montecassino Pietro Il e Roffredo. La connessione territoriale fra Isola e Castelluccio, qui constatata, è poi una realtà che riaffiorerà più di una volta nel corso secolare della storia dei due paesi. Sono anche da sottolineare i legami che i de Insula ebbero a lungo con l'ambiente napoletano. Proprio a Napoli essi riuscirono probabilmente ad avere quelle conoscenze altolocate che spiegano la durati della loro fortuna. Pochi anni dopo, nel 1316, ci appare una situazione politica e amministrativa completamente diversa. La Famiglia "de Isola", per estinzione o cessione dei suoi diritti, non possiede più i suoi antichi feudi. Infatti, nel 1316, in un Diploma del Re Roberto, si legge che il nuovo Signore di Isola e di Castelluccio è un certo Novellone di Salvilla". Per il terzo decennio del secolo XIV abbiamo alcune notizie di economia riguardanti Isola. Per il 1320-1321 risulta che, nell'ambito delle tasse che si dovevano versare nel Giustizierato della Terra di Lavoro, Insula Filiorum Petri doveva versare 13 once, i tarì, 14 grana e Castelluccio once 9, tarì 6 e grana 1,4 . Nello Statuto di Arpino del 1329, si dispone che la carne sia venduta al prezzo in vigore in altre città, specialmente vicine ad Arpino, "ut in Itsula et Albeto et ubi minori (sic) pretio venduntur". Per il 1345-1346, si ha notizia da un documento dell'Archivio angioino, di alcune cartiere in funzione "in fine di un terreno della mensa vescovile "(diocesi di Sora), ma non se ne dà l'esatta collocazione". Dopo gli ultimi avvenimenti descritti, per alcuni decenni, non emergono per quanto attualmente ci risulta, notizie riguardanti Isola del Liri, ma un passo del Di Costanzo ci permette di ricostruirne almeno in parte la storia71. Scrive il Di Costanzo che nel 1393 una gran dama, vedova di Casa Celano, si trovava nell'Isola presso Pontecorvo. Un capitano chiamato Domenico di Siena, evidentemente approfittando della sua debolezza di donna e con l'intenzione di impadronirsi del feudo, di notte scalò il Castello e la violentò. Tutto ciò gli costò tuttavia molto caro, poiché pochi giorni dopo il nipote della donna, Paolo da Celano, fece irruzione nella casa dove dìmorava con la nuova sposa e lo fece morire con grandissimo strazio. A proposito di questo resoconto dei fatti, il Cayro, tuttavia, giustamente precisa che l'Isola non era certamente quella. "presso Pontecorvo", ma Isola del Liri (ancora una volta quindi si può constatare la confusione fra le diverse Isole) ed aggiunge, con testimonianze documentarie, che Domenico di Siena, Barone di San Giovanni Incarico, non era Capitano ma Commissario incaricato di esigere le nuove tasse dall'Abbadia Cassinense e Valle di Cominio nel 1383. Un diploma dell'Archivio di Stato di Napoli del 19 ottobre 1400 ci informa su una questione di confini sorta tra Matteo da Celano, ciambellano e consigliere regio e Signore di Isola del Liri da una parte e Giacomo Etendard, consigliere regio, maresciallo del regno di Sicilia e Signore di Arpino dall'altra. Si trattava di accertare se la Torre di Carnello (quindi già esistente in quest'epoca) fosse situata in territorio di Arpino o di Isola del Liri ed il re Ladislao affidava il giudizio su tale controversia a Donato di Arezzo, dottore in legge e anche lui consigliere regio. La disputa fu decisa a favore di Matteo da Celano, lo stesso che dopo la morte di Carlo III, assassinato in Ungheria nel 1386, era stato tra i partigiani di Luigi II d'Angiò, ma che in seguito, dopo la vittoria della Casa di Durazzo, l'otto luglio 1393, era stato riammesso nelle grazie del re Ladislao insieme con Giacomo Cantelmo. In un rescritto pontificio del 5 settembre 1452, riguardante il monastero benedettino di San Giovanni Battista, che sorgeva ad Isola del Liri, si fa cenno a due Baroni del Castello di Insula Filiorum Petti. Il primo, Paolo da Celano, era probabilmente il successore di Matteo. E' lo stesso che, come abbiamo visto, uccise l'usurpatore Domenico di Siena, e probabilmente si può identificare con il Paolo da Celano che, secondo il Corsignani, visse all'epoca di re Ladislao di Napoli (13861414) e con regio diploma divenne rettore e commissario nelle città del Lazio e in Sezze. In realtà, abbiamo già visto nella controversia per la torre di Carnello che anche Matteo era stato insignito da Ladislao di importanti cariche. Il secondo è Giuliano da Celano, figlio di Paolo e suo successore, che risulta Signore di Isola prima e dopo il 1452 (data del rescritto pontificio). Nel 1439 è ancora una vedova della stessa famiglia, Antonella Celano, che, con un matrimonio politico, viene sposata da Nicolò Cantelmo il quale diviene così anche Conte di Sora e nel 1443 duca di Sora. E' probabile che Antonella avesse sposato in prime nozze un Tomacelli; infatti, il 15 settembre 1399 Giovanni Tomacelli aveva ricevuto l'investitura della Contea di Sora. Quando Nicolò Cantelmo morì, nel dicembre 1454, lasciò come suo crede Pietro Giampaolo. Attraverso Antonella, forse alla morte di Giuliano da Celano e comunque prima dei 1460, Isola del Liri e Castelluccio erano passate intanto ai Cantelmo e da questo momento in poi la storia dei due paesi sarà strettamente legata a quella di Sora. E' noto l'atteggiamento che Giampaolo tenne nella lotta fra Aragonesi ed Angioini. Da una parte vi era il re Ferdinando 1, spalleggiato dal papa Pio 11, dall'altra alcuni fra i più potenti Baroni del Regno, che nel 1458 avevano acclamato come loro re Giovanni, figlio di Renato d'Angiò. Al gruppo dei Baroni ribelli si unì Giampaolo, il quale nel 1460, dopo alterne vicende belliche, sì ritirò a Castelluccio con gli armati comandati dal senese Antonio Petrucci. L'esercito papalino attaccò ed occupò Castelluccio. il Petrucci fu preso prigioniero, mentre Giampaolo si salvava con la fuga, ma, dopo aver promesso di sottomettersi a Ferdinando, riprese ben presto le armi contro di lui. Allora, nel 1463, Napoleone Orsini, al comando delle milizie papali (circa mille uomini), investì Isola del Liri e ne occupò dapprima il territorio e l'abitato. Fu poi attaccata la stessa Rocca. La Torre maggiore di questa, colpita dalle bombarde disposte aldilà del fiume, crollò e papalini poterono impadronirsene. Era ormai la sconfitta per Giampaolo. Isola, Castelluccio, Sora, Arpino, Casalvieri e Fontana, con il patto di Arpino del 24 novembre 1463, rimasero in possesso della Chiesa, mentre il Duca di Sora dovette passare al partito degli Aragonesi. La.nuova situazione era tuttavia svantaggiosa per il re Ferdinando. il quale solo nel 1472, e dopo ripetuti tentativi, riuscì a spingere il nuovo pontefice Sisto IV a rinunziare ai suoi diritti sul Ducato di Sora. Nel 1472, dopo la rinunzia di Sisto IV, Ferdinando concesse il Ducato di Sora a Leonardo della Rovere, nipote del Pontefice, dandogli in moglie la figlia naturale Caterina. Iniziava così un nuovo dominio, che durò per circa un secolo, ma con periodi di intervallo. Leonardo governò per poco tempo. Il 24 novembre 1475, infatti, il re Ferdinando investì dello Stato e Ducato di Sora Giovanni d'Aragona della Rovere. Quando il re Carlo VIII scese in Italia, il partito angioino si risollevò. Il 22 febbraio 1495 il Re francese entrava a Napoli e il 5 agosto 1496 i Baroni si riunivano in la rocha del castello de Isula per giurare e firmare il patto che li legava al Re di Francia contro il re Ferdinando Il d'Aragona. Fra gli altri, firmavano Pietro Giampaolo Cantelmo, duca di Sora, e Giovanni della Rovere. Morto Ferdinando il 7 settembre 1496, il suo successore inviava contro i ribelli il Gran Capitano Consalvo di Cordova. Fu espugnato prima il Castello di Isola e poi quello di Sora, difeso da Mario Equicola. Fu dura la punizione contro i Baroni e l'unico a salvarsi fu Giovanni della Rovere. A lui succedeva nel 1501 il figlio Francesco Maria il Vecchio, il quale e era riuscito a respingere un attacco contro Sora di Cesare Borgia, ma dovette cedere nel 1516 dinanzi ad un esercito comandato da Ferdinando d'Avalos, che per ordine di Carlo V assediò Sora sino alla sua capitolazione. A queste operazioni di guerra, seguì r investitura dello Stato e Ducato di Sora, fatta dallimperatore a favore di Guglielmo di Croy. In seguito al riavvicinamento fra Clemente VII e Carlo V, il 30 maggio 1533, l'Imperatore stabiliva la reintegrazione del Ducato di Sora a favore di Francesco Maria della Rovere duca di Urbino". Nel 1539 Francesco Maria mori e divenne duca il cardinale Giulio, figlio primogenito di Guidobaldo della Rovere, duca di Urbino. Egli, però, a 7 maggio 1556 cedette il Ducato a suo fratello Francesco Maria della Rovere, con il consenso di Filippo II re di Spagna". Tuttavia, in un atto di vendita della mola di Isola, fatta in dati 10 giugno 1573 dal cardinale Giulio della Rovere, egli si qualifica ancora come duca di Sora Al periodo in cui erano feudatari Guglielmo di Croy ed i della Rovere, risalgono alcune significative testimonianze riguardanti la storia dell'industrializzazione nella zona, per la quale più importanti sviluppi si ebbero in seguito con la famiglia Boncompagni. Ci riferiamo ad alcuni documenti conservati nell'Archivio Segreto dei Vaticano, due di questi sono datati al 14 luglio ed al 28 luglio 1519 e riguardano rispettivamente:
Segue, per il 5 gennaio 1535, latto di vendita di una cartiera, fatta da Ottavio ed altri della famiglia Petruzzi, a favore di Sebastiano Bonaventura. All'anno 1572 risale un "Memoriale per il consenso al duca di Sora per la compera della cartiera fatta da Angelico Fantoni de Prospero Celli ed è del 26 ottobre 1574. L'assenso originale del duca Francesco Maria della Rovere, dato al fiorentino Francesco Angelico Fantoni per l'acquisto della cartiera e invalchiera- di Sora dal notaio Prospero Celli e da altri suoi parenti. Nella Descritione dello Stato di Sora e suoi confini, composta da un Officiale del Vescovado nel 1579 e rivolta al nuovo Duca Giacomo Boncompagni, si legge che in quella data in Isola si faceva "esercitio" di panni grossi- e che inoltre vi erano delle "gualchiere". Per evitare alcuni equivoci sorti recentemente e riguardanti la famiglia Carrara, di cui abbiamo sopra citato un componente (Evangelista Carrara), crediamo opportuno dare necessarie precisazioni. Va tuttavia sottolineato come Carrara sia un cognome bergamasco, derivato dalle "carrere": strade carraie o carri attraverso le quali gli abitanti orobici trasportavano le loro mercanzie attraverso l'intera penisola. Probabilmente Evangelista da Carrara fu uno dei tanti muratori, capi mastri o piccoli imprenditori della città lombarda, che per motivi di lavoro abbandonarono la propria terra ed arrivarono nell'Italia centrale ed a Roma. Sembra inspiegabile che 1'Autrice che pure cita nella stessa pagina l'articolo di S. Pagano riguardante l'Archivio Boncompagni, non si sia accorta dell'abbondante materiale archivistico riferibile alla sorana famiglia Carrara ivi contenuto. La famiglia doveva avere proprietà nella zona già nel XV secolo, perchè, come abbiamo visto, nel 1519 Evangelista Carrara donò una "forma" in località Carnello per la costruzione di una cartiera. Da notare che questo rappresentante della famiglia era probabilmente il nonno de Womonimo architetto, tenuto conto dell'usanza, allora molto diffusa, dì ripetere i nomi degli avi. Quanto i Carrara fossero ricchi e potenti lo si può poi constatare dal fatto che Giampietro Carrara il 18 ottobre 1619 stipulò un contratto di affitto per quattro anni dell'intero stato di Sora (vedi dopo), per una somma molto elevata (circa 48.000 ducati), evidentemente per lucrarne le rendite. A proposito del pagamento di tale affitto, il nome di un Francesco Carrara ricompare diversi anni dopo, in una pergamena del 6 gennaio 1630. Nell'Archivio Boncompagni, con la data 22 gennaio 1744, si conserva poi un quaderno intitolato "Relazione dello stato del fiume Liri" fatta da Basilio Carrara. Ricordiamo, infine, in questa sede la nota opera dell'umanista Ubertino Carrara . Come si vede, per oltre tre secoli questa famiglia ha avuto sempre un ruolo attivo e di primo ordine nella vita economica dei Ducato Sorano, alla quale ha contribuito con politici, affaristi o imprenditori, con un architetto, con un letterato e con un conoscitore di problemi idrografici. Preparata da una serie di atti, il primo dei quali si data al 12 settembre 1579, il 5 dicembre 1580 si attua la vendita del Ducato di Sora, da parte di Francesco Maria della Rovere a Giacomo Boncompagni Marchese di Vignola, figlio del pontefice Gregorio XIII, per scudi 100.000 d'oro"'. La dominazione della famiglia Boncompagni sul ducato di Sora durò per oltre due secoli, sino al 1795. Alla morte del padre, Giacomo raggiunse il suo feudo, nel quale scelse come sua residenza il Castello di Isola del Liri, che fu poi la residenza locale prediletta dai Boncompagni. Il 16 maggio 1583, sempre da fonti archivistiche, sappiamo che Giacomo acquistò una cartiera con orto annesso, poste nel territorio di Sora, nel fiume Fibreno, in vocabolo Carnello- da Francesco Angelico da Firenze. Il Duca amava inoltre circondarsi di letterati ed artisti, che incoraggiò nelle loro attività. Fra l'altro, fece decorare con pregevoli affreschi e stucchi diverse sale dei Castello e sembra che nel primi anni del suo governo abbia dato incarico di progettare la "chiesa dell'Isola di Sora". Nel 1590 Marco Sciarra, il Fra Diavolo di quei tempi, con la sua banda rinforzata da ribelli alvitani, dopo aver saccheggiato Settefrati e Gallinaro, si diresse verso Isola dei Liri, con l'intenzione di invadere il Lazio, ma fu affrontato nelle campagne di Sora da un esercito di 4.000 uomini, guidato da Carlo Spinelli, e dovette ripiegare verso l'Abruzzo. Dopo la morte di Giacomo Boncompagni, avvenuta il 26 agosto 1612, si avvicendarono al governo del Ducato i suoi successori. Di Gregorio I (morto il 13 ottobre 1628) ricordiamo l'intervento per la fondazione e la dotazione del Collegio dei Gesuiti di Sora. Questo Duca il 18 ottobre 1619 affittò per quattro anni lo "stato di Sora, consistente nella città di Sora, nelle terre di Brocco, Arce, Fontana, Isola e Castelluccio, per annui ducati 12.180 e grana 22, a Giampietro Carrara e Giovanni Evangelista Giannotti; il 26 ottobre 1620 concedeva poi in enfiteusi perpetua una torretta posta nelle mura di Sora. Al periodo del suo governo risalgono documenti molto interessanti. Un fascicolo del 28 ottobre 1621 è intitolato "Regia provisione contro l'arrendatore di Gaeta per il libero passaggio ed esenzione da ogni dazio sulle lane che si introducono per il lanificio della terra d'Isola". Come si vede, i Boncompagni cercavano di garantire esenzioni dal dazio a favore delle industrie isolane. Un altro fascicolo del 6 febbraio 1623 riguarda la "Regia concessione di erigere una ferriera nello stato di Sora. Seguono: Giacomo Il (dal 1628; morto il 18 aprile 1636); Ugo (morto il 28 ottobre 1676), il quale il 28 febbraio 1646 vendette all'Università di Sora due case con torre in contrada 1a Cittadella"; Gregorio II Boncompagni-Ludovisi (morto il primo febbraio 1707), che il 19 giugno 1701 istituì un censo di 1.300 ducati per l'annua risposta di ducati 91 a favore del monastero di Santa Chiara di Sora`. Antonio I (morto il 28 gennaio 1731) sin dal 1690 resse come luogotenente il Ducato di Sora al posto del fratello, il quale con la famiglia si era trasferito a Roma. Venne anzi trattato come Duca anche dalla Corte Vicereale di Napoli, da quando Gregorio I nel 1701 giurò fedeltà al Re di Spagna in qualità di Correggente del Principato di Piombino Ma proprio nel 1701 Antonio si trovò in una posizione difficile. In seguito ad una rivolta politica avvenuta a Napoli ai primi di settembre ad opera del partito imperiale, uno dei capi della congiura, Don Giovanni Nicolò di Capua Principe della Riccia, cugino de duchi di Sora,per salvarsi nello Stato Pontificio attraversò il ducato dei Boncompagni, inseguito da 1.500 soldati napoletani, comandati dal Commissario Regio Marchese Garofalo. Costui, a nome del Vicerè, ingiunse a Don Antonio di armare tutti gli uomini disponibili e di partecipare all'inseguimento del fuggitivo, del quale d'altra parte il Duca di Sora non conosceva l'identità. Don Antonio aveva dato naturalmente ordine al suoi di non superare i confini dello Stato Pontificio, ma probabilmente per l'intervento degli ufficiali napoletani l'ordine non fu rispettato e il Principe della Riccia fu quindi raggiunto ed arrestato, dopo che aveva superato i confini del Ducato, in prossimità di Isola. Il Principe si riteneva sicuro di essere subito rilasciato in quanto parente del Duca, ma questi, professando dinanzi al Commissario Regio la sua fedeltà verso il Re di Spagna, affermò che il fuggiasco, anche fosse stato suo padre, avrebbe dovuto essere condotto al Palazzo. Il Principe fu quindi giudicato e, condotto in Francia, fu rinchiuso nella Bastiglia dove rimase per venti anni. Le conseguenze furono che si svolsero dei processi per la violazione di confine ed il Duca incorse nelle ire del Papa e nelle censure ecclesiastiche. Egli non avrebbe potuto superare i confini perché i locali magistrati avrebbero potuto arrestarlo e inoltre era considerato scomunicato. Questa situazione fu modificata solo nel 1726, in previsione del matrimonio del figlio Gaetano con Donna Laura Chigi. Allora, infatti, si giunse, seppure con qualche difficoltà, ad una riappacificazione fra il Duca di Sora e la famiglia del Principe Della Riccia. Lo stesso Duca Antonio, con un atto del 12 marzo 1711, estinse due censi di 2.300 ducati, che erano stati istituiti da Gregorio Boncompagni Ludovisi a favore del Monastero di Santa Chiara. Tuttavia, tali rapporti finanziari dovettero dar luogo a controversie. Infatti, al 24 gennaio 1729 è datata una transazione in cui si con viene che il Monastero di Santa Chiara cede a favore del Duca il credito di circa mille ducati di un censo che sì conosce già estinto ed il Duca solo a titolo di elemosina" paga al Monastero 400 ducati. Il successore Gaetano (morto il 24 maggio 1777) si trovò a governare in una situazione esplosiva. Infatti, in seguito ad una vasta congiura filoaustriaca, che da Napoli si era diffusa nella Terra di Lavoro, vi erano stati nel Regno centinaia di arresti. Lo stesso ministro Tanucci aveva parlato di Sora, Isola, Arpino e San Germano come di focolai di insurrezione. Nel 1744 Carlo III, proprio per riconfermare la sua autorità nella zona, mentre si recava alla guerra di Velletri, si fermò ad Isola e ad Arpino. Verso la metà del secolo, l'industria della lana decadde e allora Gaetano fece venire dall'Olanda 12 artigiani con le loro famiglie, perché curassero la ripresa" . Anni negativi furono poi il 1763 e il 1764, quando il Regno di Napoli fu funestato prima dalla siccità e poi da una grave carestia Gaetano Boncompagni, durante il suo governo, formò una ricca biblioteca nel Palazzo dell'Isola. Intensa fu l'attività edilizia che egli promosse: fece ricostruire la cupola della chiesa di San Lorenzo e fondare uno sperone di sostegno della stessa. Anche sotto la cascata, per la stabilità dei Palazzo, fu realizzato uno sperone di sostegno. Fece ricostruire ad Isola la stanza del bargello nella Corte e le Stallette nello stesso luogo, fuori della Porta di Regno, poichè erano state distrutte da un incendio; a Carnello l'edificio delle Valche, quello della cartiera, il ponte e la peschiera. L'ultimo Duca, Antonio II, resse il Ducato dal 1777 al 1795, anno in cui risale la documentazione relativa alla -permuta degli stati del duca di Sora da passarsi in regio demanio. Egli, fiutando i tempi nuovi, prese evidentemente una saggia decisione. Non molto tempo dopo Carlo III, seguendo un consiglio del Tanucci, costrinse infatti i diecimila feudatari del Regno a trasferirsi a Napoli, per poterli avere sotto controllo. Ad onore della Famiglia Boncompagni, oltre alle iniziative a cui abbiamo già accennato, si possono citare: notevoli lavori edilizi in Isola del Liri e nel suo circondarlo (casino di diporto sul colle San Sebastiano, due ponti levatoi sulle cascate), l'istituzione di una rameria nel locale detto il Valcatoio, l'introduzione dell'arte di trarre la seta, ad opera di artigiani settentrionali. All'occupazione francese degli anni 1798-1799 corrispose un'aspra reazione locale, che si manifestò tra l'altro con il riacutizzarsi su più ampia scala del fenomeno del brigantaggio. Gaetano Mammone con i suoi accoliti, raccolti da diversi paesi, spadroneggiò a lungo nella zona, rintuzzando anche i primi tentativi dei Francesi di ristabilire la situazione. A questo punto, un esercito di 13.000 Francesi, guidati dal generale Watrin, si presentava davanti ad Isola del Liri. Mammone con i suoi fu costretto a ritirarsi e seguì allora, ad opera dei Francesi, la strage di una buona parte dell'innocente popolazione (circa 550 morti, uomini e donne) . Il ritorno dei Francesi nel 1806 portò di nuovo alla contrapposizione fra il loro esercito ed i briganti, questa volta comandati da Michele Pezza, meglio conosciuto come Fra Diavolo. Nel settembre, i Francesi si accampavano ad Isola, per puntare poi verso Sora, che veniva presa dopo brevi scontri. Giuseppe Bonaparte fu Re di Napoli dal 1806 al 1808. In questo periodo si approvarono importanti provvedimenti e riforme amministrative. Fondamentale quella con cui il 3 agosto 1806 si abolì la feudalità in Italia Meridionale. Con legge del 16 ottobre 1806 venivano intanto riformati gli Statuti Municipali ed i corpi rappresentativi delle Università (cioè i Comuni). Da allora essi furono indicati in modo uniforme con la denominazione di Decurionati. I decurioni dovevano essere in numero di 10 nei Comuni che avevano una popolazione inferiore al 3.000 abitanti. Essi erano sorteggiati fra quei proprietari che avessero una rendita perlomeno di 24 ducati. Inoltre, si imponeva che almeno un terzo dei membri del Decurionato sapesse leggere e scrivere. Gioacchino Murat fu re di Napoli dal 1808 al 1814. Soprattutto in questo periodo, ad Isola, con l'impegno tenace delle persone più evolute, si poterono ricucire le profonde lacerazioni prodotte dalla strage del 1799 e si avviò quella proficua collaborazione fra popolazione e Francesi, che costituì la base di un efficiente sviluppo industriale. Nel 1810 il francese Beranger prese in gestione la cartiera di Santa Maria delle Forme, nell'ex Convento dei Carmelitani. Egli fu il primo di un'illustre serie di industriali d'Oltralpe (Lefebre, Lambert, Courrier, Boimond, ecc.) ed italiani (Viscogliosi, Mancini, ecc.), che operarono con notevole successo ad Isola del Liri. Conosciamo i nomi dei Sindaci di Isola del Liri da quando fu attuato il nuovo ordinamento: dal 16 marzo 1807 Ottavio Marsella, dal 10 maggio 1807 Francesco Antonio Spagnoli, dal 25 novembre 1808 Giacinto Marsella, dal 28 aprile 1809 Carlo di Fede, dal 6 febbraio 1810 Luigi Merluzzi (con una lunga supplenza del secondo eletto Pio Pellegrini), dal 21 marzo 1811 Errico Zuccari, dal 17 gennaio 1813 Nicola Annonj. Con la Restaurazione, continuò a funzionare regolarmente il Decurionato. Riportiamo i nomi dei sindaci, facendo presente che dal 17 gennaio 1813 era in carica Nicola Annonj, dal 31 gennaio 1817 Ludovico Mancinelli, dal 16 febbraio 1820 Nicola Annonj, dal 2 aprile 1823 L. Spagnoli, dal 12 giugno 1821 Nicola Annonj, dal 6 luglio 1823 L. Spagnoli, dal 4 gennaio 1829 Antonio Mazzetti (con una lunga supplenza dal 14 marzo 1832 del secondo eletto Ottavio Marsella), dal 21 febbraio 1833 Vincenzo di Fede, dal 4 gennaio 1835 Vincenzo Silvestri, dal 23 giugno 1838 Antonio Mazzetti, dal 15 febbraio 1841 Santino Marsella, dal 21 aprile 1847 Michelangelo Campoli, dal 4 marzo 1849 G. Nicolucci (con supplenze di G.B. Nicolamasi e Tommaso Spagnoli), dal 29 settembre 1850 Loreto Mazzetti, dal 18 febbraio 1853 Tommaso Spagnoli, dal 2 gennaio 1859 Giuseppe Simoncelli (sino al 24 luglio 1861). Nell'Isola Liri del periodo risorgimentale si distinse la singolare figura di Giustiniano Nicolucci, che fu scienziato di fama internazionale (con competenze che riguardavano l'antropologia, l'archeologia, l'anatomia, la fisiologia, la patologia e la botanica) e, contemporaneamente, professore universitario e uomo politico aperto a rapporti con molti uomini rappresentativi del suo tempo. Dal Registri delle Deliberazioni del Decurionato sappiamo che egli fece parte di questo Corpo Comunale come decurione dal 18 luglio 1848 e poi dal 4 marzo 1849 come sindaco. Accusato di fare parte della Giovine Italia, dovette tuttavia rifugiarsi in Italia settentrionale. Nel citati Registri di Deliberazioni egli appare sostituito da supplenti dal l0 agosto 1849 al 29 settembre 1850, sino alla nomina del nuovo sindaco Loreto Mazzetti. Dopo un anno di permanenza a Torino, ritornò ad Isola dove potè risiedere in libertà vigilata e gli si vietò di uscire dal proprio Comune. Nel 1860, egli fu eletto nel Parlamento italiano, per una legislatura, come Deputato di Pontecorvo. Per l'espansione industriale registratasi nel nostro secolo ad Isola del Liri argomento questo che non rientra in modo specifico nel nostro lavoro, ci limitiamo a ricordare gli stabilimenti di maggiore importanza (diversi ancora in funzione), che nel nostro secolo hanno operato nel territorio comunale: Cartiere Riunite Donzelli o Meridionali, Forze Idrauliche del Liri, Cartiere Angelo Mancini, Cartiera Emilio Boimond, Feltrificio Ippolito e Pisano, oltre ad alcuni lanifici. Alla fine del mese di maggio del 1944, le truppe tedesche in ritirata provocarono gravissimi danni alle attrezzature industriali isolane, facendo saltare in più punti potenti cariche esplosive". Presentiamo qui una documentazione fotografica` inedita riguardanti le distruzioni di quelle terribili giornate. Gli edifici, ora abbandonati, delle fabbriche più antiche, con alcuni resti di macchinari che testimoniano i sistemi di lavorazione dell'epoca, costituiscono un notevole monumento di archeologia industriale, preziosa materia di osservazione per gli studiosi.